.:. 63 Gradi - Latitudine Nord
63 gradi è un numero che significa molto, ed è la caratteristica
peculiare della montagna più alta del Nord America: il Denali
(antico nome datogli dagli indiani Athabaska e che significa
"The High One" ovvero "Il più Alto"), conosciuto anche come
Monte McKinley, altitudine 6.194 metri. Infatti tutte le
montagne più alte del pianeta sono ubicate fra i 43 gradi di
latitudine Nord e i 32 gradi di latitudine Sud, mentre il Denali
con la sua posizione appena al di sotto del Circolo Polare
Artico si aggiudica il non molto piacevole primato di montagna
più fredda del pianeta. La sua particolare posizione
geografica, quasi al centro dello stato dell'Alaska, lo rende
soggetto a cambiamenti repentini e molto violenti del tempo
dovuti alle bufere che arrivano dal Mare di Bering e dal Golfo
dell'Alaska, con temperature che superano i 40 gradi sotto zero
sotto l'influsso dei potenti venti artici che spazzano la cima.
Anche la rarefazione dell'aria gioca un ruolo particolare nella
vita di questa imponente montagna, infatti in prossimità dei
Poli la pressione barometrica è più bassa alle alte quote
rispetto a quella che si rileva sulle montagne himalyane, le
quali sono più vicine all'equatore. Quindi la quota della cima
del Denali, pur superando di poco i 6.000 metri, presenta
condizioni di ossigeno pari ad una cima di 7.200 posta ad una
latitudine uguale a quella dove si trovano i colossi himalayani.
La roboante camicia hawayana di Doug, il pilota che ci deve
portare sul ghiacciaio ha qualcosa di contrastante con tutte
queste informazioni che ci eravamo preoccupati di raccogliere a
riguardo della montagna che volevamo tentare di scalare; così
con gli sguardi un po' perplessi carichiamo le sacche del
materiale nella pancia del Cessna 185, allacciamo le cinture e
mentre cominciamo a sorvolare gli sconfinati territori
dell'Alaska, io non posso fare a meno di pensare a quante volte
da bambino ho letto i racconti di Jack London. La vista dei
ghiacciai e delle cime che abbiamo dall'aereo, ma soprattutto le
dimensioni del paesaggio che ci circonda ci fanno prendere
coscienza con grande meraviglia, che ci troviamo veramente in un
luogo di frontiera dove l'uomo riacquista una dimensione
infinitamente piccola.
Alla dura realta' , ci riporta il peso delle "sledges" ( piccole
slitte di plastica ) che dobbiamo trascinare sul ghiacciaio e
che ci faranno compagnia per i prossimi giorni assieme all
zaino; infatti in Alaska non si usufruisce di portatori e
bisogna procedere in completa autosufficienza, risultato: fra i
50 e 60 kg di materiale e cibo a testa, equamente divisi fra
sledge da trascinare e zaino da caricare sulla schiena. Carichi
ma felici come due bambini, impieghiamo tre giorni per arrivare
al campo chiamato "ski hill", dei quali due passati a navigare
con il gps e soprattutto con il naso nel "white out", quella
condizione di nebbia e neve che si verifica nei ghiacciai e che
rende tutto quello che ti circonda assolutamente uguale: bianco.
Siamo ad inizio stagione e le tracce sul ghiacciaio sono molto
poche, in quanto quasi tutte le spedizioni arrivano dopo la metà
del mese di Maggio, quando le temperature cominciano ad alzarsi
lievemente. Con altri due giorni di lavoro completiamo i
carichi al "Basin Camp" e ci installiamo a 4.300 metri per
completare la nostra acclimatazione in attesa di provare la
scalata alla cima.
Il Denali a questo punto si manifesta con tutta la sua grandezza
e ci blocca al campo per 10 giorni con bufere di neve e venti
che sfiorano le 100 miglia orarie; noi abbiamo un libro in due e
la situazione non è semplice: Stefano continua a tagliare
blocchi di neve trasformando il nostro campo in una sorta di
castello medievale con tanto di sotterraneo, io sciolgo mezzo
ghiacciaio trasformandolo in ettolitri di thè ma la sera non
arriva mai e quando arriva ci fa scappare nei sacchi piuma con
temperature fra i 22 ed i 28 gradi sotto zero, sacchi dai quali
usciamo al mattino con due centimetri di brina all'interno della
tenda.
Dopo dieci girni di questa beauty farm, decidiamo di rinunciare
e smontare il campo per scendere al "base" e volare di nuovo a
Talkeetna, il paese da dove partono e dove tornano tutte le
spedizioni. Proprio mentre stiamo cominciando a smontare tutto
arriva una improvvisa variazione delle meteo: i ranger di
servizio all'interno del parco comunicano che ci sarà una
finestra di alta pressione di circa 30 ore. Io Stefano ci
guardiamo in faccia e decidiamo di provare in velocità: con gli
zaini leggeri partiamo alle due di notte e scaliamo la Headwall,
saltiamo il campo a 5.200 metri, alle 8 del mattino affrontiamo
il lungo traverso che conduce al Denali Pass e alle 13.30 la
cima, nel sole con lo sguardo che si perde fra la Tundra
sconfinata e l'orizzonte artico che riusciamo solo ad intuire.
Giù veloci e alle 17 siamo di nuovo al campo a 4.300 metri dove
impacchettiamo tutto e alle 18. 30 partiamo per i successivi
2.100 metri di dislivello in discesa che ci separano dal campo
base: lo raggiungeremo all'una e mezzo di notte: una non-stop di
23 ore e mezza per raggiungere la cima e riportarsi al campo
base prima che il tempo cambi di nuovo. Alle undici del mattino
il piccolo Cessna guidato dal solito pilota con la solita
pazzesca camicia hawayana ci riporta alla civiltà, al salmone ai
ferri, alla birra. Non è stato fatto nulla di eccezionale: 15
giorni di permanenza sul ghiacciaio con 3 giorni e mezzo di
tempo buono, due amici che hanno avuto fortuna e la montagna che
ci ha lasciato salire in cima.
Michele Barbiero Gruppo Rocciatori Ragni Pieve di Cadore
Stefano Da Forno Gruppo Rocciatori Feltrini
Michele Barbiero Gruppo Rocciatori Ragni Pieve di Cadore
Stefano Da Forno Gruppo Rocciatori Feltrini